La leggenda di Leucàsia Sirena di Leuca – di Anna Rosa Potenza

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La leggenda di Leucàsia Sirena di Leuca – di Anna Rosa Potenza

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Un po’ di tempo fa abbiamo pubblicato la Leggenda di Leucasia e la storia che ha dato origine al nome della città di Leuca (ecco il link dell’articolo). Naturalmente le ipotesi e i miti a riguardo sono tanti, ma oggi vogliamo proporvi un’altra versione della storia, a cura della professoressa Anna Rosa Potenza. È un racconto d’amore e di passione, sentimenti che ogni salentino prova al cospetto della meravigliosa Leuca. Eccolo a voi:

LA LEGGENDA DI LEUCASIA SIRENA DI LEUCA

di Anna Rosa Potenza (edizioni Grafierre)

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Nella parte estrema del tacco d’Italia, ai confini della Terra, viveva una volta una fanciulla di straordinaria bellezza che si chiamava Leucasia. Di lei si innamorò il re di Creta, Melisseo, un giovane dagli occhi color del cielo e dai capelli lucenti come il sole, il quale scatenò inconsapevolmente la gelosia e l’ira di Poseidone, invaghitosi follemente della fanciulla, la cui vendetta non tardò ad arrivare. Egli fece, infatti, liberare dalle profondità della terra, dove era rinchiuso, il terribile Ristòs, il quale uccise ferocemente il giovane re.

 

Con tenacia e coraggio, Leucasia si recò nell’Averno, come fece Orfeo per Euridice, per chiedere ai re degli inferi Ade e Persefone, di far ritornare in vita il suo amato. Ma ciò non era possibile. Tuttavia, i due coniugi, mossi dalla pietà per la fanciulla, le concessero di vedere Melisseo solo per una notte, nel primo plenilunio di Settembre, con la raccomandazione che, alle prime luci dell’alba, il giovane re sarebbe dovuto assolutamente rientrare nell’Averno, nel regno dei morti. Leucasia accettò il compromesso e ritornò sulla spiaggia dove l’attendeva Poseidone, il quale, inferocito e roso dalla gelosia, la rapì con un’onda potentissima e la portò giù negli abissi più profondi del suo regno.

La fanciulla, travolta dalla forza delle onde, non respirava più, sembrava quasi morta, quando, all’improvviso, una luce avvolse il suo esile corpo, che roteando cominciò a subire graduali trasformazioni. Le gambe si rivestirono di scaglie d’argento e i piedi si allungarono assumendo la forma di pinne. I capelli di Leucasia si ricoprirono di madrepore e di conchiglie luminose, il seno e le braccia di sottile madreperla. Ella, con un forte sussulto, riprese a respirare e a nuotare con la sua meravigliosa coda, perché ormai era divenuta una sirena, la più bella sirena di quel meraviglioso mare ai confini della terra. Ciò era avvenuto  grazie all’intervento di Athena, la dea della sapienza, che non poteva permettere un ulteriore sacrificio.

Lo sguardo di Leucasia, di A.Rosa Potenza

Passarono gli anni i secoli e i millenni… la bella sirena triste e sconsolata, pensando al suo amato Melissèo, cantava ai marinai di passaggio la sua infelice storia d’amore. Gli abitanti del luogo, commossi, chiamarono il loro paese Leuca, in ricordo della bella e abile sirena, che ancora oggi, nelle notti splendenti di luna si aggira nell’arco marino delimitato dalle due punte che racchiudono Leuca: Punta Rìstola e Punta Mèliso.

Sull’alto promontorio japigio fu costruito un tempio sacro alla dea Athena, oggi Santuario dedicato alla Madonna di Leuca. Qualcuno dice che nel primo plenilunio di settembre, verso mezzanotte, si senta una voce provenire dal mare, che chiama ripetutamente:

– Leucasia, Leucasia, amor mio, dove sei?

Qualcuno dice ancora che, subito dopo questo gemito, s’intraveda tra le onde, sotto i raggi della luna, la dolcissima sirena, che accorre al richiamo del suo amato e risponde premurosa con voce sommessa:

– Sono qui, amor mio, eccomi, sono qui, finalmente, accanto a te.

Melisseo l’abbraccia e la stringe forte a sé, sussurrandole dolci frasi d’amore, come aveva sempre fatto quando era in vita e le ripete dolcemente:

– Nessuna morte potrà  separare l’amore vero,  nessuno potrà separarmi da te, amore mio.

Alle prime luci dell’alba,  il re cretese deve rientrare nell’Averno.

Bacia ripetutamente il fresco viso roseo di Leucasia, inondato di lacrime e la stringe ancora più forte al suo cuore, mentre le prime luci dell’aurora lo strappano via dalle sue braccia. Leucasia, ormai sola,  con uno straziante urlo di disperazione e un forte colpo di coda, si immerge nel fondo più profondo degli abissi, sulle melodie di uno struggente canto d’amore.

CANTO D’AMORE DI LEUCASIA E MELISSEO

MELISSEO – Leucasia
creatura del mare
donna  sirena
canta per me
nella pioggia di tanto dolore
nelle notti di luna e di stelle
la malinconia e la dolcezza del tuo perduto amore.
Un altro plenilunio ancora
un’altra primavera ci aspetta
un’estate che ritorna nel tuo abbraccio
nel vento che giunge dal mare
mentre passano veloci le stagioni della vita.
LEUCASIA – Verrò  limpida a te
come la pietra del ruscello
lavata nel torrente del tuo pianto
per riabbracciarti ancora una volta
prima che faccia giorno.
MELISSEO –  Ti aspetterò, stella splendente
che si tuffa nel mare.
Ti aspetterò lungamente
nell’attesa  di rivederti
anche solo per una notte/ e odierò le prime luci dell’Aurora
che ti strappano via  dalle mie braccia.
LEUCASIA – Io giungerò sempre in te
nella profondità della tua anima
nell’azzurro profondo dei tuoi occhi.
MELISSEO – Il mio sospiro resterà nella tua voce
ed il tuo canto  diventerà il mio Universo
per sempre… per sempre
oltre la morte.

Recensione critica sul libro LA LEGGENDA DI LEUCASIA SIRENA DI LEUCA di Anna Rosa Potenza (Prof.ssa MARIA ERMELINDA DA CARLO)

La leggenda di Leucasia è una delle più belle leggende della tradizione salentina e pugliese. E’ una leggenda antica che riporta al tempo dei Messapi, antichi abitatori del Basso Salento, e ai tempi in cui sul nostro promontorio Japigio, là dove oggi sorge la basilica di S.M. di Leuca , esisteva un tempio dedicato alla Dea Minerva. Il testo, come ogni testo di Anna Rosa Potenza, parla d’ amore attraverso un intreccio di prosa, poesia e disegni e racconta, come si legge sulla copertina, “la mitica storia di una fanciulla che diventò sirena e credette nella forza travolgente dell’amore”.

L’autrice presenta una Leucasia nuova rispetto alla tradizione, una leucasia tutta al femminile, che finalmente si è riappropriata di un’ umanità che il tempo le ha sottratto. La maggior parte ricorda la Leucasia presentata dal prof. C. Stasi, figura a cui si è ispirata la coreografia Zazzi Maglietta nell’omonimo balletto presentato nel 2002 nell’Anfiteatro Romano di Lecce.

Descritta come una figura mitica, lontana, portatrice di una bellezza non terrena, e per questo stregata. Senza pudore, dal corpo statuario, la pelle bianca come il latte, i fianchi sinuosi e i seni prorompenti , viene rappresentata con due occhi azzurri che emanano luce strana e fredda. Lo sguardo è gelido, come le sue mani fredde. La terribile sirena attira i marinai con il suo canto per poi divorarli. Vendicativa al punto che, di fronte ad un capriccio d’ amore non corrisposto, non esita a scatenare una violenta tempesta e ad uccidere.

La penna di Anna Rosa, poetessa d’amore, trasforma e arricchisce questo personaggio femminile stereotipato con nuovi tratti psicologici e comportamentali, conferendole uno spessore tale da renderlo unico.

Leucasia si presenta, fin dalle prime righe del testo dell’autrice salentina, con un’angolazione antropologica ben definita: fanciulla di straordinaria bellezza, dalla carnagione bianca e lucente, che rispecchia la luce della luna e delle stelle, il volto eburneo che rivela uno sguardo penetrante, gli occhi verde smeraldo che emanano una luce calda e radiosa. La bellezza fisica di Leucasia si associa alla bellezza della sua anima. Ella ha un modo travolgente di porsi nei confronti della vita. Ama la dolce solitudine, insegue l’ aurora. È dinamica, colta, ama ripetere i versi che un poeta ha scritto sulla sabbia. Quel suo legame speciale con l’ acqua, il mare, segnerà il suo destino.

Questo nuovo personaggio di Leucasia presenta, nella descrizione dell’autrice, una sintonia quasi perfetta tra l’essere e l’ apparire, tra il pensare e l’ agire, sintonia messa in discussione soltanto dalle dicerie della gente che “per invidia sparla”. Potenza affida così ad un breve dialogo in dialetto locale il peso di una tradizione che per molto tempo ha raffigurato Leucasia, quasi come una strega cattiva. Tradizione, che ha portato il prof. Carlo Stasi a scrivere di lei parlando di pigrizia mentale: “non pensava a nulla, non aveva nulla da fare” E poi ancora: “il suo mellifluo sorriso nascondeva una furia rabbiosa”.

Ma gli dei, nel racconto di Anna Rosa, vedono oltre le apparenze e non possono fare a meno di amare questa fanciulla così determinata e intraprendente. Poseidone, dio del mare, se ne innamora perdutamente, Athena segue con affetto materno le sue vicissitudini amorose, aiutandola in molte occasioni. Alla Leucasia della Morte della tradizione , che travolge e annienta i marinai, si sostituisce l’immagine di una fanciulla graziosa e gentile, che ama la vita più di ogni altra cosa e che ne conosce il valore.

È la Leucasia della Vita, quella di Anna Rosa Potenza. Ad un certo punto del racconto la protagonista dice ”la vita è un dono”. Ed è per amore della vita che quando il suo amato Melisseo muore, ucciso dalla ferocia di Ristòs, il drago inviato dal geloso Poseidone, Leucasia non si rassegna e cerca in tutti i modi di far rivivere l’ amato. Si rivolge disperata, prima ad Athena, poi compie il viaggio nell’Averno, infine è pronta ad affrontare la prova che Persefone le aveva richiesto sulla Montagna della Disperazione.

La leggenda di Leucasia, sirena di Leuca di Anna Rosa Potenza è un testo di facile lettura, dove non mancano suggestivi echi letterari (da Dante a Virgilio, dal mito di Amore e Psiche al mito di Orfeo). Un libro che si può gustare in riva al mare, sotto l’ombrellone o la sera al fresco sotto le stelle e chissà se a qualcuno, dopo la lettura del libro,non capiterà di sentir provenire dal mare un dolce sussurro di Leucasia, che si dipana tra le onde:”nessuna morte può separare l’amore vero”.

DIO BENEDICA IL SALENTO

 

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