Acqua e sale. Per restare
La distanza ideale per guardare il Salento è da vicinissimo. Da dentro. Ma dopo essersene allontanati. Io l’ho capito quando l’ho perso, proprio come avviene nelle storie d’amore.
Quando me ne sono andata, credevo che fosse un addiopersempre. Ma poi del Salento mi sono mancate molte cose. Tra queste, naturalmente, il mare e la possibilità di vederlo e respirarlo a tutte le ore dell’estate e dell’inverno; il profumo di frittura di mattina presto; il vento di tramontana e perfino lo scirocco; i vecchi seduti sui marciapiedi; il bucato steso in fili improvvisati accanto ai muri delle case; le processioni, sentite fino a dentro il cuore, in cui ti commuovi alle lacrime; i comitati delle feste, le luminarie; i cortei delle spose, da casa in chiesa, una cosa che ho odiato, da bambina, ma poi amato, perché è un simbolo di coralità, di questo “nostro” fare tutto insieme perché ci conosciamo e perché se no sembra brutto. Mi è mancato il cibo. Tutto. Perché il cibo è un tuffo dentro noi stessi. Anzi un po’ dentro e un po’ indietro, nella memoria che ci accomuna ai nonni agli zii ai salentini prima di noi.
Il profumo dell’acqua e sale
Questo tuffo nella memoria ha il profumo dell’acqua e sale. Acido, salato, dolcissimo. Pane raffermo bagnato, pomodori tagliati a metà e qualcuno un po’ spremuto, sale, olio e, a piacere, cipolla basilico o peperoncino. Acqua e sale, oggi, è un ritorno intimissimo indietro, alla merenda di metà mattina, consumata dai contadini sotto l’ulivo più largo, donne e uomini, con la pelle bruciata dal sole e dalla fatica. Chi non ha mai fatto colazione sotto un ulivo non può cogliere la poesia di questo rituale sacro. Perché il pane non si butta e, se diventa duro, basta l’acqua a fare la magia. Ed i pomodori ce li danno la terra, le mani che raccolgono e la schiena piegata sotto il sole. E l’olio, perché non c’è nulla di meglio dell’olio salentino, al punto che lo puoi consumare da solo, sul pane, persino di festa.
L’acqua e sale si mangia insieme, dallo stesso piatto, passandoselo tra le mani. Ed è bella da vedere e buona da respirare fino in fondo, perché è l’estate che ti entra dentro e la campagna che ti dice che siete fatti della stessa materia: natura, con tempi e umori da assecondare. Natura, perché chi ce l’ha nel sangue, prima o poi capisce che è lì che deve ritornare. Come ho fatto io, che grazie al cielo ne ho avuto la possibilità, e poi nemmeno per un attimo ho più pensato di andar via.
Dio benedica il Salento