Pecureddhu, Caddhuzzu e Pupa. Quale dolce Pasquale preferisci?

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Pecureddhu, Caddhuzzu e Pupa. Quale dolce Pasquale preferisci?

Pasqua è ormai alle porte e il vero Salentino, tra un “che facciamo a Pasquetta?” e l’altro, riflette sul mega pranzo che lo attende e che lo terrà incollato a tavola per circa 18 ore consecutive, prima di risuscitare il terzo giorno secondo le… Fritture. Oggi, però, voglio spendere qualche parola per i dolci Pasquali del Salento: Pecureddhu, Caddhuzzu e Pupa!

Chi di voi conosce questi tre pilastri della cultura Salentina? Le nostre nonne hanno già allacciato ‘u “mantili“, preso in mano il matterello e sono già all’opera per l’accurata realizzazione dei famigerati Pecureddhu, Caddhuzzu e Pupa salentini.

“E se viene qualcuno a farci visita?” Guai a non avere nulla da offrire, “pare brutto! Che figura facciamo?” E poi, diciamocela tutta, ogni occasione è buona per fare un dolce, soprattutto se è tipico della nostra tradizione, come nonna Uccia comanda!

Vogliamo conoscerli meglio tutti e tre?

Pecureddhu

pecureddhu, caddhuzzu e pupa

È il tradizionale agnellino di pasta di mandorla. Deriva dalla tradizione religiosa dell’agnello Pasquale cristiano. È un dolce molto antico, si pensa che sia stato inventato dalle suore di clausura del Monastero di San Giovanni Evangelista di Lecce già nell’Ottocento.

Oggi non può mancare nelle case salentine nel periodo Pasquale. In particolare, il suo habitat sono le vecchie credenze a vetri, quelle che si aprono con la chiave. Il Pecureddhu in questi giorni si può comprare in tutte le pasticcerie, ma azzardatevi a portare a casa di zia Cosimina un agnellino comprato e poi ditemi che succede (suggerimento: occhio ai matterelli volanti!).

In realtà, al di là della reazione, ha ragione la zia. Gli agnellini comprati sono fatti al 99% di zucchero, quelli di zia Cosimina sono fatti della stessa sostanza dei sogni (e di pasta di mandorla, merendine, barrette di cioccolata, ovetti fondenti e al latte e così via…).

Ma attenzione… Non dimenticate di conficcare due tre bandierine sulla schiena del povero Pechureddhu! (così, per cattiveria).

Caddhuzzu e Pupa

pecureddhu, caddhuzzu e pupaSono rispettivamente il galletto (o cestino) da regalare ai bambini maschi e la bambolina per le bambine. Sono dei maxi biscotti di pastafrolla, tipici della tradizione salentina. Erano la gioia dei nostri nonni quando erano bambini, il regalo più grande che si potesse ricevere la mattina di Pasqua. Il sapore non è minimamente paragonabile al Pecureddhu o all’uovo di cioccolato che mangiamo adesso (anche se inzuppati nel latte danno il meglio di sè), ma avevano comunque qualcosa di magico, da fare invidia ai dolci di Willy Wonka.

Anche in questo caso dobbiamo chiamare in causa la tradizione cristiana. Nella pancia del galletto e della bambolina, infatti, veniva incastonato un uovo (così com’era, al naturale e con il guscio), che veniva ricoperto da due strisce di pastafrolla che lo tenevano ben saldo al resto del dolce. Queste strisce rappresentavano la Corona di spine collocata sulla testa di Gesù. Fantastico eh?

Pecureddhu, Caddhuzzu e Pupa. Quale scegliere?

Bella domanda! Preferite una dolcissima pasta di mandorla, farcita con cioccolatini, merendine, biscotti e barrette o un biscottone di pasta frolla, augurio di virilità per i maschietti e fertilità per le femminucce?

Li volete tutti, vero?

Eh sì, perché questi dolci pasquali portano con sè un fascino e una storia che è doveroso mantenere viva la tradizione. Anche perché il matterello di zia Cosimina è sempre dietro l’angolo.

Quindi, una volta tanto, mettiamo via l’uovo di cioccolato del negozio, facciamo spazio sul tavolo (‘a banca) e mettiamoci a impastare. Che sia Pecureddhu, Caddhuzzu o Pupa non importa!

Dio benedica il Salento!

 

 

 

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